New York, 1917

domenica 26 giugno 2011

Il giorno prima dell'esame. Comun denominatore dei miei post: web 2.0

  Internet nasce con ARPANET allo scopo di comunicare tra postazioni geograficamente lontane.
  Queste esigenze si traducono nella prima versione del web 1.0 degli anni '90; presentava una versione statica dei siti internet, ben diversa da quella attuale. L'utente poteva solo navigare tra i vari siti senza interagire tra essi. Il web era concepito solamente come un modo per visualizzare documenti ipertestuali in formato HTML che rendeva testo e contenuti inseparabili.
  L'utente era quindi un navigatore passivo, poteva solo inviare posta elettronica in formato testuale.
  In poco più di un decennio c'è stata l'evoluzione di Internet: si è passati dalla fase intermedia del web 1.5 che ha visto l'integrazione dei database (strumenti di memorizzazione di massa), dei primi forum e blog molto elementari, fino ad arrivare al web 2.0.
  Il web 2.0 rappresenta l'evoluzione della community, dei social network, l'introduzione dei wiki che consentono all'utente di interagire nello sviluppo dei siti internet.
  Il punto centrale è dato dal fatto che, questo cambiamento, ha avuto conseguenze positive anche a livello sociale; impossibile non considerare quanto, lo sviluppo informatico, ha inciso sulle trasformazioni epocali della nostra epoca; gli studiosi di sociologia cercano di analizzarle, noi, semplicemente, proviamo a considerarle; anche attraverso questo mio piccolo blog.
  Il successo del web 2.0 è dovuto alla sua semplicità di utilizzo: la rivoluzione delle interfacce grafiche lo ha reso più vicino agli utenti; ma non solo. Separa le informazioni dalla forma, permettendo quindi di pubblicare, anche senza conoscere linguaggi complicati. Facilita quindi lo scambio di informazioni.
  Con web 1.0 la creazione di un sito era riservata solo agli utenti esperti di linguaggi informatici.
  I blog, invece, hanno permesso a qualsiasi persona di postare le proprie opinioni, di scambiarsi idee; sono pagine interattive che danno la possibiltà a tutti di condividere informazioni con altri utenti.
  Il blog è un sito dove l'autore scrive degli articoli che vengono pubblicati cronologicamente e condivisi con i suoi contatti. La sua struttura si basa su un programma di pubblicazione guidato che consente di creare pagine web, in maniera molto semplice. I visitatori del blog possono lasciare commenti, permettendo la creazione di una comunità interattiva dove si scambiano opinioni e considerazione. Questo, credo, sia il risultato di questo esame di Informatica applicata al giornalismo del Prof. Lelio Alfonso.
  Il blog viene usato come diario personale, non può, e non deve, essere concepito come una statica pagina di definizioni.
  Chiunque può aprire un blog; e, grazie ai motori di ricerca, diffondere le proprie informazioni ai milioni e milioni di potenziali visitatori. E' qui che entra in gioco il marketing; con le pubblicità, il blog diventa una nuova categoria di media.
  Con le tecnologie wiki, gli utenti possono, non solo reperire informazioni, ma modificarne e aggiungerne altre; basti pensare a Wikipedia.
  Un altro importante sito, creato dai visitatori è You tube; dove chiunque può visualizzare, e inserire, video e filmati  di qualsiasi tipo. You tube è diventato un fenomeno internazionale.
  Twitter, Facebook ad oggi, sono veri e propri strumenti d'informazione e di comunicazione.
  Già si parla di Web 3.0, per indicare una nuova evoluzione del web; i dati verranno raccolti in un database, il DataWeb, per poter essere usufruibili più volte dagli utenti.
  Questo sviluppo è a un passo da quella che viene chiamata: l' "Intelligenza Artificiale", capace di iteragire con il web e di capire le informazioni in esso contenute. Le applicazioni di questo sistema rivoluzionario non necessiteranno di potenti computer e di grandi hard disk.
  Tutto questo è Internet, questa è la rivoluzione in atto che ci sta portanto verso un nuovo futuro.   


giovedì 23 giugno 2011

La Cina del web si presta alle elezioni locali

  Dall'era di Internet, la Cina non poteva escludersi.
  Sono iniziate a maggio, e dureranno un anno circa, le elezioni cinesi. Questa consultazione avviene ogni cinque anni per eleggere i rappresentanti cinesi a livello cittadino e di villaggio; è un piccolo segnale di democrazia per questo grande Paese che, per lo meno localmente, cerca di dare rappresentanza al popolo.
  Queste persone indipendenti che si fanno eleggere a livello locale, sono scrittori e intellettuali, ma anche contadini e piccoli artigiani che, con la rete, cercano di farsi conoscere. Hanno creato un vero e proprio mondo del web cinese; attraverso i più disparati blog, si scambiano opinioni, programmi. Con Twitter attirano l'attenzione per avere migliaia di seguaci.
  Tutta questa intraprendenza non piace al Partito cinese; cercano di limitare gli effetti della rete attraverso vere e proprie campagne diffamatorie nei confronti di questi candidati che, per essere eletti, hanno bisogno di dieci firme; non di più.
  La campagna elettorale, per la prima volta in Cina, passa dal web; questa dev'essere considerata una svolta per la difficile situazione dell'informazione nel paese asiatico. Che questo rimanga circoscritto a livello locale, pone dei limiti all'entusiasmo del popolo cinese, ma è comunque un primo passo.
  Il fatto che le persone non vengano scelte dal partito è davvero un'oppotunità di crescita per questo immenso Paese  che di libertà ne avrebbe davvero bisogno.

Un anno de "Il fatto quotidiano online": la redazione festeggia; e anch'io

  "DODICI MESI SENZA PADRONI" è il titolo, in prima pagina, dell'edizione online de Il fatto quotidiano, diretto da Peter Gomez.
  L'articolo racchiude, in poche righe, tutto l'entusiasmo della redazione; "eravamo una sporca mezza dozzina, oggi siamo nove", si legge.
  Il giornale, inizialmente dal futuro incerto, ha potuto contare sulla crescente stima dei propri lettori che, di giorno in giorno, hanno dimostrato di apprezzare il duro lavoro dei giornalisti che vi partecipano. Mantenere aggiornato un sito d'informazione non  è cosa semplice. Necessita di un minuzioso lavoro di scrittura in tempo (quasi) reale, di un continuo rapporto diretto con i fatti, i luoghi dai quali le notizie provengono.
  Un altro aspetto fondamentale, per quanto lucroso, è dato dal fatto che, in rete, si rischia molto se si chiede ai lettori di contribuire finanziariamente per la crescita della testata. Infatti, nell'articolo di oggi si può leggere l'indecisione che, inizialmente, aveva portato Gomez e la sua "sporca mezza dozzina" a considerare l'ipotesi di chiedere contributi ai visitatori.  "Il nostro giornale online è uno dei più seguiti d'Italia": questo è il motivo per il quale hanno deciso di non farlo; di non chiedere soldi ai propri lettori, di lasciare che la libera e gratuita informazione sul web rimanga una priorità. 
  Non nascondiamoci dietro ai fatti (economici): il giornale, oggi, può permetterselo. Con la pubblicità guadagna tanto da poter avere l'ambizione di crescere e non di chiudere come tante altre testate nate (e morte) in rete. "Oggi tocchiamo il mezzo milione [di visitatori]", scrivono.
  Sicuramente, il loro sucesso è straordanario; a contibuire sono state le firme dei professionisti dell'informazione: Gomez, Travaglio, Padellaro; un trio che lascia il segno.
  Facebook ha fatto la sua parte, molti giovani hanno cliccato su "mi piace" per essere vicini alla redazione, per dimostrargli stima ed affetto; questa è fiducia, quel rapporto che, a mio avviso, è indispensabile creare tra un giornalista e il suo lettore.
  Facciamo trascorrere un altro anno con la speranza di tener ben saldi quei principi di libera e onesta informazione che devono rappresentare la base sulla quale si costruisce un giornale.

mercoledì 22 giugno 2011

P4: "ce l'ho!" Disse Dagospia

  Dagospia vuole querelare Repubblica per l'articolo, apparso ieri sul giornale, di Calo Bonini.
  Il giornalista spiegava i rapporti, ben poco chiari (per altri versi: charissimi), tra il fondatore del sito, Roberto D'Agostino, e Bisignani; da giorni sulle principali pagine dei giornali per l'indagine su una presunta P4 del quale, lui, ne è il direttore artistico. Bonini scrive:     
Nel circuito asfittico e autoreferenziale dei palazzi della politica, dell’informazione, dei colossi a partecipazione pubblica (Eni, Ferrovie), degli apparati, la micidiale arma di cui Bisignani dispone, perché capace di ammansire le sue vittime e orientare la “grande stampa”, è Dagospia. Racconta ai pm Bisignani: «Sono molto amico di Roberto D’Agostino (il fondatore del sito ndr.), che ha sposato Anna Federici, figlia di un amico di Andreotti. Credo di avere un certo ascendente su D’Agostino con cui avevamo in comune l’amicizia con il presidente Cossiga. E sicuramente sono stato io a suggerire all’Eni di fare pubblicità su Dagospia (100 mila euro l’anno)». “Dago” è il suo giocattolo (capita che le ambientali lo intercettino mentre istruisce il ministro Prestigiacomo a connettersi on line) e, non a caso, è scelto per veicolare il “meglio” che la sua rete raccatta. Il fango sul vicepresidente del Csm Vietti, un paio di affondi sulla Elisa Grande (la dirigente che, abbiamo visto, non si mette sull’attenti con la Santanché), il tormentone sulla relazione tra Italo Bocchino e il ministro Carfagna («Vi dico — racconta ai pm un divertito Bisignani — che la fonte principale del gossip è la moglie di Bocchino») , perché il deputato di Fli sia costretto a chiedergli una tregua. In una telefonata («Senti, l’amico Roberto si sta proprio a comporta’ da merda». «Ma cosa da pazzi, vabbé, cerco di…», risponde peloso il faccendiere).


   La P4, ci mancava; collezioniamo album di figurine di personaggi che si aggirano, indisturbati, tra complesse logiche di potere che, sempre di più, assomigliano a una qualche serie di fiction pronta per essere mandata in onda su Rai Uno. Licio Gelli fa il nonno; la sua figurina si può scambiare; è, quasi sempre, doppia.  
  Bisignani, non è più introvabile; ma per ora vale oro.
  Il sito Dagospia.com è un quotidiano online che ha proposto un modo di fare giornalismo che, diversamente da molti altri quotidiani nati con la rete, vuole mescolare il gossip all'informazione, la comunicazione alla satira, il serio allo sfottò. Il primo obiettivo di D'Agostino sembrava quello di ribellarsi ai poteri forti, servendosi della rete. Su un blog è apparso come Dagospia poteva essere visto come lo Striscia la notizia del web. E, fin qui, nulla di sconveniente; basta sostituire il Gabibbo.
  Oggi, la situazione è ben più complessa, si allontana da me l'idea di analizzarla: troppi sono i fattori in gioco, non ne sarei in grado.
  L'indagine, condotta dai pm Fanesco Curcio e Henry Jhon Woodcock, ha portato all'arresto di Bisignani; già conosciuto per altri scandali.
  Ognuno di noi si faccia la sua opinione. Dagospia ha molto successo; può essere considerato uno di quei siti che, nati sul web, possono scalzare il primato dei tg generalisti.
  Stiamo a vedere se il popolo di Internet ne decreterà il fallimento.
 
 
 
 
 

venerdì 17 giugno 2011

Le vie di Damasco portano alla bufala del web

  Poco tempo fa, la storia di questa giovane blogger non avrebbe potuto che lasciare tristezza: Amina, la blogger lesbica che raccontava sul suo blog, A gay girl in Damascus, la sua difficile vita in Siria; rapita dal governo a causa della sua omosessualità. Tutto falso. La Siria ha ben grossi problemi, ma non quello di Amina.
  E' stato Tom MacMaster a progettare tutto; voglia di popolarità, sostiene. Durante un'intervista al Guardian, prova a giustificare il suo gesto con "autorevoli" riflessioni sulla condizione della donna nei paesi islamici; ora lui si scusa sul blog, ma le reazioni sono veramente tante.
  Tutti i media avevano creduto alla storia di Amina, su internet i commenti erano innumerevoli; tutti di stima ed affetto per il coraggio dimostrato dalla "ragazza".
  Oggi si può leggere "vergogna" accompagnato da altri aggettivi ben poco carini rivolti verso la vera identità di Anima.
  Della Siria, giustamente, se ne parla tanto ultimamente; lasciamo che chi si diverte pubblicando finti blog non arrivi ad avere la stessa notiziabilità.  

Gli Usa creano internet-ombra per abbattere i regimi

  I cubani lo sanno. Barak Obama ne è l'artefice; poco è rimasto del progetto "segreto" americano che, già da mesi, vuole creare una rete internet-ombra il cui obiettivo è quello di aggirare quella che gli Stati Uniti definiscono la censura cubana.
  Si è scoperto che dall'amministrazione della Casa Bianca hanno lanciato il progetto di un internet-ombra per sostenere gli oppositori dei regimi dittatoriali. Al ministero dell'Havana, un alto funzionario del ministero, esperto in nuove tecnologie, lanciava l'allarme.
  Il piano Usa prevede progetti segreti per creare reti indipendenti di telefonia mobile all'interno di Paesi stranieri, si basa su un prototipo di "Internet portatile" in grado di aggirare i server controllati dalla polizia, attivando reti di comunicazioni parallele che manderebbero in frantumi il sistema informativo vigente.
  Il progetto americano è, ora più di prima, una priorità delle politiche di Obama; il timore è che si possa verificare ciò che è accaduto in Egitto quando Mubarak impose il blackout totale di Internet; i social network vennero utilizzati per portare avanti la rivoluzione.
  Lo stesso provò a fare Gheddafi, cercando di isolare alcune zone della Libia dalla connesione al web.
  Gli americani giustificano il progetto sostenendo che per non consentire più che i dittatori possano disporre liberamente del web, censurandola o addirittura oscurandola, è divenuto fondamentale investire su reti alternative di comunicazione che sfuggano al controllo delle autorità. Ovviamente, per gli Stati Uniti, Castro rientra tra i dittatori; Cuba, a sua volta, dev'essere liberata, per ora si accontentano del web.

lunedì 13 giugno 2011

Stiamo attenti al web: l' Huffigton post supera il New York Times

  Il sito di news online di Arianna Huffigton ha registrato 35,5 milioni di utenti unici contro i 33,59 del quotidiano della Grande Mela. Un risultato storico che per la prima volta scardina il primato assoluto del New York Times. Da oggi Arianna Huffington è la rivale numero uno del più celebre giornale americano; il suo scopo era quello di incalzare la fama mondiale del primato dell'informazione Usa. C'è riuscita; per ora.
  Secondo la società di analisi ComScore, il mese scorso il blog democratico ha registrato 35,5 milioni di utenti unici contro i 33,59 del quotidiano della Grande Mela. Questo è un risultato storico, sotto tutti i punti di vista.
  La Huffigton poteva contare su una corposa redazione di oltre 1200 giornalisti e su una base di traffico garantita, a cui si aggiungevano 25 milioni di lettori fidelizzati e 148 cronisti che già lavoravano per lei. L'imprenditrice è diventata miliardaria.
  Il successo del giornale è stato servito dallo stesso New York Times che, dal 28 marzo, ha deciso che solo 20 articoli al mese potevano rimanere gratuiti, consultabili liberamente sul web. Mossa azzardata, ovviamente. Chi non si accontenta, deve pagare: 15 dollari in più al mese.
  Al contrario, per la Huffigton, la priorità consisteva nel far concorrenza al Nyt, lasciando gratuite le notizie, usufruibili da qualsiasi pc connesso alla rete.
  Le accuse su Twitter non mancano: il Nyt sostiene che il mese di maggio è stato buono, molti sono stati i visitatori della pagina web del giornale; la Huffigton ribadisce il fatto che, comunque, il successo del suo giornale sta mettendo a dura prova la redazione del nemico, sostenendo che: “in sei anni – scrive nel suo tweet – è stato distrutto quello che è stato fatto in un secolo”.
  La Huffigton post sta diventando un gigante dell'informazione, non solo in America; questo non può lasciare indifferenti i giornalisti del Nyt, sempre sicuri del loro immutabile successo.
 Come abbia fatto questa giovane donna a conquistare 35 milioni di visitatori molti se lo stanno chiedendo; è un giro di soldi, non solo d'informazione, che in questo momento lascia increduli i tanti analisti americani.
 
 

mercoledì 8 giugno 2011

E meno male che Sarkozy ha organizzato il "G8 di Internet"

In Francia è ora vietato pronunciare le parole "Facebook" o "Twitter" nei tg delle trasmissioni televisive.
Il Consiglio superiore dell’audiovideo (Csa) francese ha vietato alle radiotelevisioni d’Oltralpe di rinviare i propri spettatori su Facebook o su Twitter. La decisione dello scorso 27 maggio ha suscitato un vespaio di polemiche e sia la blogosfera che gli operatori dei media si sono scatenati contro la “censura” dell’organo amministrativo.Alla base di questa decisione c'è una legge del 1992, che introduce un concetto simile a quello italiano della "pubblicità occulta". I nomi delle due piattaforme sono dunque banditi, perché considerati come pubblicità occulta.
 Secondo il governo francese, infatti, citare i siocial network in radio o in tv, potrebbe essere un reato, a meno che non se ne parli durante un servizio incentrato su questo argomento. Il divieto è esteso anche ai messaggi in sovraimpressione: sarà reato anche invitare gli spettatori a iscriversi alla pagina Facebook del programma.
 Scrittori e giornalisti hanno parlato di “ipocrisia” del governo, che di recente ha ricevuto il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg all’Eliseo, e di “eccesso di regolamentazione”. L’obiettivo del provvedimento e’ infatti la pubblicita’ occulta, da cui “il divieto ai media di invitare l’audience a visitare le pagine di quelle due reti”. “Un ‘no’ per impedire la lesione dei diritti degli altri social network; però, se un giornalista pubblica la fonte dalla quale ha preso l' informazione, se anche questa fosse una pagina di Facebook, non dovrebbe essere un reato.
Pubblicità occulta? E' vero, i social network sono aziende commerciali; ma non solo. Tutelare le reti sociali pù piccole (questo è l'obbiettivo della norma) è doveroso, ma questo provvedimento sembra voler mettere dei limiti alla libertà d'informazione sul web.

giovedì 2 giugno 2011

Festa della Repubblica in streaming su quirinale.it

Giorgio Napolitano, dal palazzo del Quirinale, è connesso.
Nell'occasione della festa della Repubblica, il nostro Presidente regalerà ai 31 capi di Stato e ai capi delegazione dei Paesi invitati oggi a Roma per il pranzo d'onore, una ristampa curata dalla Treccani del volume che fu pubblicato cento anni fa, nel 1911, per celebrare i primi cinquanta anni dell'unità.
I tempi cambiano, da oggi, lo stesso volume è in formato e-book, insieme ad altri realizzati per l'occasione; e, sarà consultabile e scaricabile dal sito web del Quirinale.
Per non rimanere indietro, su quirinale.it è, inoltre, possibile seguire in diretta streaming tutti i momenti pubblici della festa della Repubblica: l'arrivo delle delegazioni internazionali, il concerto dell'Orchestra da Camera di Santa Cecilia, i discorsi ufficiali di Napolitano e del segretario generale dell'Onu Banki-moon al prenzo ufficiale.
Il Quirinale ha inoltre predisposto una rete wireless a banda larga denominata: "2 giugno", a disposizione dei visitatori che, sabato, andranno all'apertura straordinaria del museo delle Carrozze e, domenica, nei Giardini del Quirinale.

domenica 29 maggio 2011

Obama è su Twitter, noi preferiamo Facebook

 Stefano Epifani, professore presso la facoltà di Scienze della Comunicazione de La Sapienza, ha realizzato una ricerca nella quale ha analizzato l’utilizzo di facebook da parte dei politici italiani. “E’ il secondo anno che monitoriamo il rapporto fra politica e Web 2.0 E in questo periodo Facebook è cresciuto enormemente. Di qui l’idea di concentrarsi solo su questo aspetto, visto che ha cannibalizzato molti degli altri strumenti di comunicazione sulla Rete, blog in primis”.
 La ricerca è stata condotta su tutti i parlamentari (un lavoro impegnativo considerando che sfiorano il migliaio) su tutti i sindaci di capoluogo e su un campione rappresentativo di amministratori a livello locale.
 Quel che è emerso in maniera significativa è il fatto che il più alto numero di profili Facebook appartiene ai parlamentari, non tanto ai sindaci. Questa è da considerarsi una stranezza dato che il social network nasce con l'idea di "stringere amicizie" e che, quindi, dovrebbe avere maggior partecipazione da parte di chi, come i sindaci, è più a contatto diretto con il territorio.
 Tra i diversi profili dei parlamentari salgono sul podio quelli di: Nichi Vendola, seguito da Renzi e da Di Pietro. Con clamoroso distacco segueno Bersani, Berlusconi; gli ultimi posti vanno alla Gelmini e Alfano.
 Facebook viene usato per la comunicazione politica dei rappresentanti dei vari partiti; la sua forza consiste nel poter dialogare con i vari "amici" in maniera meno formale di quanto non possa succedere con un qualsiasi altro mezzo di comunicazione. E' questo che i giovani elettori cercano dai propri leader.

sabato 28 maggio 2011

Come avere consenso elettorale con un blog, come perderlo con un sito

  La differenza tra il blog di Beppe Grillo e un qualsiasi sito di un partito italiano è notevole; questa non è data solo dal fatto che blog e sito internet sono due cose distinte.
 Gli obbiettivi sono i medesimi. Grillo, con il movimento Cinque Stelle da lui promosso, deve creare consenso attraverso la comunicazione politica; allo stesso modo i maggiori partiti italiani devono, se possibile, non perderlo.
  La teoria del consenso (politico), si basa su quella stessa logica di mercato che fa si che un prodotto venga venduto meglio di un altro; poco importa, talvolta, di che tipo di merce stiamo parlando.
  E' vero: Grillo è un comico, è uno che con la parola riesce a coinvolgere grandi masse di persone, riesce a fare di queste un movimento politico che, alle ultime elezioni politiche, ha guadagnato voti. Molti giornalisti, politici, opinionisti, hanno liquidato il nascente partito  Cinque Stelle con il termine, a mio avviso limitativo, di anti-politica. Dunque: come liquidare, con uno stesso termine d'effetto, la classe politica italiana? Così vado "fuori tema", mi devo attenere al titolo.
  Un sito internet viene promosso per far si che il maggior numero di utenti possano visitarlo; questa ovvietà è ancora più palese nel momento in cui ci riferiamo ai siti dei diversi partiti politici. La differenza sostanziale tra la propaganda elettorale che può essere concepita sul web e quella promossa da altri mezzi di comunicazione sta nel far sentire il visitatore "attivo"; il poter commentare con le proprie opinioni quel che si pensa è alla base del clic.
 La partecipazione rende coinvolgente un sito internet (come anche un blog); ora, un qualsiasi elettore di certo non si aspetta che, dopo aver pubblicato un commento, la risposta venga firmata dal leader in carica a cui presto si accingerà a dargli il prorio voto; si aspetta però, per lo meno virtualmente, di essere preso in considerazione. Dubito che ciò accada su un sito statico come sono quelli dei nostri partiti nazionali che, più che promuovere un modo di pensare alla politica (nel suo significato etimologico), sembrano volerci proporre una nuova idea di business. Già, dimenticavo, questa è la comunicazione politica.

Il Digital Divide

La concentrazione delle reti d'informazione nelle mani di poche grandi industrie globali: riducono la varietà delle informazioni disponibili, aumentano il carattere commerciale dei contenuti culturali, creano una vera e propria mercificazione dell'informazione.
  La possibilità di appropriarsi dei contenuti della conoscenza attraverso brevetti e licenze riduce la possibilità di molte popolazioni ad avere accesso a informazioni essenziali per il loro sviluppo. I divari economici e socilai fra i paesi, e all'interno dei singoli paesi tra i diversi gruppi, sono accompagnati da un divario, cosiddetto digitale, legato alla disponibilità di informazioni e strumenti della comunicazione.
  L'espressione: "divario digitale" sintetizza la differenza di accesso e di fruizione alle nuove tecnologie di comunicazione e informatiche nei diversi paesi del mondo.
  Inizialmente, il concetto di divario digitale era riferito alle difficoltà di accesso accesso a internet in determinate zone degli Stati Uniti, soprattutto sotto l'aspetto dei costi. Dopo l'esplosione di internet come fenomeno di massa: non essere connessi alla rete significa essere relegati ai margini della società.
  Oggi, la problematica del "divario digitale" è diventata globale; molti sono i paesi iscritti sulla "lista nera" a causa della censura preventiva della rete da parte dei governi; altri, invece, sono quelli che, per le difficoltà tecniche legate ai costi dei servizi di internet, rimangono esclusi dalle logiche del web.
  Il dibattito sulle problematiche legate al Digital Divide è entrato nelle agende dei paesi più industrializzati, ma siamo proprio sicuri che si voglia risolvere? Dato che la tecnologia può servire per creare dei bisogni indotti, siamo certi che, i paesi più ricchi, non traggano vantaggio nel non permettere di colmare il Digital Divide?

ANSA: giornalisti di serie B?

L'Ansa è la principale agenzia di stampa italiana. Fondata il 15 gennaio del 1945 è una cooperativa di 36 soci editori delle principali testate giornalistiche italiane ed ha la sua sede centrale a Roma. Con 22 sedi in Italia e 81 uffici sparsi in 78 differenti paesi stranieri, L'ANSA raccoglie e trasmette notizie dei principali avvenimenti italiani e mondiali. Le sue agenzie trasmettono più di 2000 notizie al giorno che vengono inviate ai principali mezzi di informazione italiani, alle istituzioni nazionali, locali ed internazionali, ai partiti politici, alle associazioni di categoria ed ai sindacati. L'ANSA trasmette il proprio notiziario, oltre che in italiano, anche nelle lingue: inglese, spagnola, portoghese ed in Arabo. Ha un accordo con il Ministero degli Esteri che finanzia l'agenzia in cambio di visibilità dell'Italia nel mondo.
  In anni di grande evoluzione del mercato editoriale, ANSA fornisce servizi informativi audio e video per internet, televisione satellitare e telefonia mobile, dal 1996 è attivo un servizio per inviare le notizie attraverso sms.
  Il nome dei giornalisti che lavorano all'Ansa non appere quasi mai; infatti, le agenzie devono fornire un servizio, dare notizie sintetiche, veloci, rapide. Uno dei principali obbiettivi è quello della tempestività nella comunicazione.
  L'ANSA, pur disponendo di un numero elevato di dipendenti, sembra rimanere nell'ombra del mercato dell'informazione; questo fatto è al quanto strano, visto che quasi la totalità delle notizie che vengono trasmesse dai telegiornali, o dai quotidiani, provengono dalle agenzie di stampa.

giovedì 26 maggio 2011

Seguendo il talk show

Talk show: programma televisivo. D'informazione? A volte ho come l'impressione che si parli di aria fritta.

Multa dell'Agcom ai tg generalisti

L'agcom, l'Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni ha multato per violazione della par condicio i telegiornali delle reti generaliste in quanto hanno dedicato troppo spazio al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante il periodo elettorale.
Il problema evidenziato dall'Agcom è stato non tanto la presenza del premier in televisione, ma l'argomento trattato dallo stesso: la campagna elettorale per l'elezione al sindaco di Milano.
Fino al termine del ballottaggio vige il dovere di equilibrio e di correttezza dell'informazione; non possono, in alcun modo, essere diffusi i sondaggi sulle intenzioni di voto.
Calabrò, presidente dell'Agenzia garante, si è dovuto giustificare sostenendo che le sanzioni seguono “una valutazione strettamente giuridica e nessuna valutazione politica. La commissione ha fatto una valutazione tecnica e giuridica della situazione: la violazione c’è e le sanzioni ne sono la naturale conseguenza”.
Il 20 maggio, la violazione non solo c'è stata ma, a mio avviso, è stata palese. Senza troppe descrizioni: Berlusconi ha parlato, quasi come fosse a reti unificate, dell'elezione al sindaco di Milano: Letizia Moratti; con dietro il simbolo di partito ha dato libero sfogo ad ogni tipo di propaganda in vista dei prossimi ballottaggi. Dai direttori dei Tg è stato fatto passare il tutto come fosse un'intervista; tralasciamo il fatto che non vi fosse un contraddittorio.
All'Agcom un qualche dubbio di violazione della par condicio, per fortuna, non è sfuggito; ha chiesto spiegazioni ai direttori i quali non hanno saputo fornire una spiegazione esaustiva. Così è scattata la sanzione: 258mila euro Tg1 e al Tg4 per essere stati recidivi a seguito dell’ammonizione ricevuta nelle precedenti settimane e “soltanto” 100mila euro Tg2, Tg5 e Studio Aperto (Italia 1).
Mediaset annuncia di voler far ricorso al Tar.

giovedì 19 maggio 2011

C'è anche chi festeggia la morte di Vittorio Arrigoni

La comunità ebraica di Londra, attraverso il suo giornale Jewish Chronicle, ha festeggiato la morte di Arrigoni; verebbe da mettere un punto alla fine di questa frase e lasciare che lo sconcerto lasci ai commenti il tempo che trovano. Proverò comunque a proseguire.
 Geoffrey Alderman ha scritto un editoriale nel quale sostiene che il giovane pacifista era un “consumato antisemita e un supporter di Hamas che odiava Israele e il popolo ebraico”, e che, quindi, è giusto essere felici per la sua morte. Alderman è uno storico, è convinto che chi impegna la propria vita per difendere i popoli sottomessi dalle logiche del potere merita di essere ucciso. Ha accusato Arrigoni di campagna antisemita, di appoggiare i terroristi di Hamas facendosi scudo con l'organizzazione umanitaria per cui lavorava, l’International Solidarity Movement (ISM); anch'essa colpevole di simpatizzare per il popolo palestinese e, quindi, colpevole di essere un covo di terroristi pronti a tutto. Una delle fondatrici: Neta Golan, israeliana, difende il loro operato sostenendo che “l’organizzazione appoggia la strada della resistenza popolare e nonviolenta. Lavoriamo con chiunque voglia organizzare resistenza nonviolenta, e non abbiamo una posizione sulla politica interna palestinese.”
 Le parole dello storico inglese hanno, ovviamente, indignato coloro i quali lavorano per l'organizzazione; le voci di disgusto sono state unanime. Attraverso questo blog vi aggiungo la mia.
 Non contento, Alderman, ha dipinto Arrigoni come un piccolo Hitler; uno che odiava talmente tanto gli ebrei che li avrebbe fatti sterminare.
 E' vero, molte sono state le accuse (giustificate) mosse dal ISM contro le politiche di Israele; come ad esempio la condanna contro l'operazione Piombo Fuso durante la quale Israele bombardò Gaza con armi al fosforo bianco, vietate dalle leggi internazionali. La stessa cosa fece Amnesty.
 Criticare apertamente le politiche guerrafondaie e disumane (come faceva Arrigoni e la sua organizzazione) può essere strumentalizzato per dare adito a tesi assurde? Così pare.
  

La giornata elettorale sul web

Domenica 15 e lunedì 16 aprile si sono svolte le elezioni amministrative in molte province e comuni italiani.
In televisione sono state molte le dirette: i maggiori telegiornali nazionali hanno commentato minuto per minuto lo svolgersi della giornata elettorale. La novità, però, è il web; l'esperimento del sito: amministrative2011.140nn.com, è stato positivo. Molti sono stati gli utenti che hanno deciso di informarsi attraverso la rete; cittadini, attivisti, militanti dei vari partiti hanno riempito, con vari commenti, l'home page.
 I risultati sono stati seguiti con una diretta non-stop e collegamenti con le città al voto; la particolarietà è stata data dal fatto che le persone volevano scambiarsi le proprie opinioni, interagendo tra loro.
 Con questa modalità web è stato possibile notare che, in fondo, non è del tutto vero ciò che spesso si sente dire sulla disaffezione della gente alla politica (io ritengo che sarebbe doveroso invertire i termini); leggendo il flusso ininterrotto di "tweets" ci si accorgeva quanto, invece, le persone avevano voglia di participare attivamente, e non in maniera passiva, allo svolgersi della giornata. Questa è la vera differenza con la televisione.  

domenica 24 aprile 2011

Marines in Afghanistan: video su you tube

 E' facile, è veloce, è incredibile come si possa inserire un video di questo tipo su you tube e avere migliaia di visitatori. Ecco l'iniziativa: un gruppo di marines poco più che ventenni, in missione in Afghanistan, decidono di creare un video; accompagnati dalla musica di Britney Spears, ballano a ritmo sfrenato la nuova canzone pop della cantante. Il telegiornale di oggi apre la notizia: "ecco come i ragazzi americani in Afghanistan trascorrono il loro tempo"; verebbe da inserire: "tra una fucilata e l'altra" ma, ovviamente, non è permesso.
 Tutti sappiamo che la guerra è una faccenda seria; sia che sia fatta passare come una missione di pace o, come in Afghanistan, per "scovare" quel birbantello di Bin Laden che, guarda caso, conosce molto bene le regole del nascondino, tanto che, la prima potenza mondiale, sta impiegando dieci anni per riacciuffarlo; dopo di che: il nemico numero uno alla lotta contro il terrorismo farà la fine che merita. Questo, credo, sia in sintesi ciò che ci viene raccontato per legittimare questa guerra.
 Tornando ai nostri marines, ai loro balli sfrenati a ritmo di pop music, mi chiedo con semplicità, ma non senza polemica: si divertono davvero a mostrare al popolo che naviga in rete la loro performance? La risposta è scontata. Per questo, cambio la domanda: i migliaia di visitatori, cosa pensano quando guardano questo video? Soprattutto se fra questi c'è (cosa probabile) un qualche contribuente americano, magari un pò stizzito dato che non può far altro che guardare il lato economico della questione.  
 Non amo il pop (tanto meno Britney Spears), lo ammetto; questo potrebbe invogliare qualcuno a dirmi che non sono obbiettiva nel giudicare questo video; ma, penso, che questo sia solo un dettaglio, trascurabile.
 Qualcuno, guardando il video, sarà sopraffatto da un senso materno (o paterno) che gli farà pensare che tutto sommato questi ragazzi sono così giovani, e che hanno anche loro il diritto di divertirsi, di ballare, di scherzare; è proprio questo il punto centrale che mi ha portato a inorridire davanti allo schermo del computer: cosa ci fanno in Afghanistan questi ragazzi che, essendo così giovani, farebbero meglio ad andare in discoteca, o in un pub, a bere in compagnia degli amici?  Forse qualcuno dovrebbe spiegarglielo.


 Nonostante tutto: questo è il link del video:
http://www.youtube.com/watch?v=wQ1qa5Ep3rw
  
  

"Diari della motocicletta": quel che è rimasto..

Il 16 aprile una parata militare ha commemorato il cinquantesimo anniversario degli avvenimenti di Playa Giròn, aprendo il VI congresso del Partito comunista cubano. Guardando le immagini alla televisione: non ho potuto trattenermi dal considerare quanto poco è rimasto di ciò che credevo qualche anno fa quando, per la prima volta, vidi il film: Diari della motocicletta; che fine ha fatto il Che, nella Cuba di oggi? Yoani Sànchez mi risponderebbe che è scomparso; o che, forse, non è mai esistito nei cinquant'anni di governo di Fidel Castro e del fratello Raoùl. La Sànchez è' nata nella Cuba degli anni '70; dopo essersi laureata all'università dell'Havana, decide di trasferirsi in Svizzera. Tornerà a Cuba con lo scopo di fare opposizione al regime castrista partendo da internet; è così che nasce il suo blog: "Generaciòn y".
 Libertà e possibilità di esprimersi: sono, a mio avviso, diritti umani inalienabili; perchè dunque, nell'isola che ha fatto la rivoluzione, qualcuno sostiene che vengano meno? Il blog della Sànchez è scritto a Cuba, ma l'accesso è bloccato agli abitanti dalla censura ufficiale (questo sostiene la blogger); le possibilità che i cubani hanno di accedere a internet in modo indipendente sono scarse: solo i dipendenti pubblici, accademici e ricercatori possono avere connessioni (2% della popolazione) attraverso firewalls che, comunque, limita l'accesso ai siti stranieri. I cittadini comuni possono aprire indirizzi email presso molti uffici postali, ma molti sostengono che non hanno accesso alla rete in maniera indipendente. Questo, a mio avviso, è un problema serio che internet si appresta ad affrontare. Ho voluto fare delle ricerche per verificare se, realmente, il governo cubano vuole, intenzionalmente, bloccare gli accessi ad internet: Cuba è davvero nella lista nera dei paesi considerati nemici della rete? Alcuni sostengono che il governo cubano ha dovuto, finora, limitare l'accesso a internet ai privati a causa del blocco Usa che impedisce all'isola di collegarsi ai cavi sottomarini ad alta velocità che uniscono la Florida con il Messico; così che Cuba deve dipendere dalle connessioni via satellite: più lente, costose, e precarie. Secondo questa tesi sono gli Stati Uniti che bloccano l'accesso alla banda di internet con lo scopo di accusare il governo cubano di limitare la rete, imponendo forti restrizioni per gli abitanti. Per via di questo blocco, Cuba non può collegarsi ai canali internazionali di fibbra ottica che passano vicino alle sue coste, ed è obbligata a farlo via satellite. Cuba ha accesso a internet solo dal 1996; ad oggi: non ha ancora accesso ai cavi di fibbre ottiche: secondo quanto riportato dal Ministero dell'Informatica e delle Comunicazioni di Cuba (MIC). Per questi motivi, i costi di accesso alla rete, rimangono molto elevati.
 Secondo altri (compresa la Sànchez) la limitazione di internet è voluta dallo stesso governo; sentendosi accusato di limitare la libertà d'opinione, cerca di giustificare la faccenda attraverso la tesi di un "complotto":
 "Ci sono giovani cubani incaricati [dalla Cia] di minare il sistema": così ha risposto Fidel a chi gli chiese come mai molti giovani cubani entrano nella blogosfera, destreggiandosi nella rete come veri hacker per sviare quella che loro definiscono censura. Alcuni giornalisti considerano questi blogger (in special modo la Sànchez, dopo il suo successo internazionale): finti dissidenti finanziati dagli Americani in chiave anticastrista; mi chiedo, prendendo per buona questa tesi: è giusto che un governo limiti la libertà di opinione, qualsiasi essa sia? Data la retorica di questa domanda, lascio la risposta a chi crede che si possa censurare internet.
 Coloro i quali sostengono la volontarietà da parte del partito comunista di censurare la rete affermano che, inizialmente, il governo credeva che la blogosfera non avrebbe rappresentato un problema; pensavano che i costi per l'accesso alla rete sarebbero stati proibitivi: 5 dollari per ogni mezz'ora e 10 per un'ora (il salario medio cubano è di 20 dollari); ma così non è stato, sono sempre di più le persone che vogliono, utilizzando i loro blog, raccontare quel che pensano del proprio paese. Io, qualsiasi idea mi sia fatta della Cuba di oggi, ho voglia di ascoltarli.
 Non condividere l'idea dominante è un diritto di ogni uomo: questo è il concetto che ogni governo dovrebbe legittimare al proprio popolo, perchè possa definirsi giusto.