New York, 1917

domenica 24 aprile 2011

Marines in Afghanistan: video su you tube

 E' facile, è veloce, è incredibile come si possa inserire un video di questo tipo su you tube e avere migliaia di visitatori. Ecco l'iniziativa: un gruppo di marines poco più che ventenni, in missione in Afghanistan, decidono di creare un video; accompagnati dalla musica di Britney Spears, ballano a ritmo sfrenato la nuova canzone pop della cantante. Il telegiornale di oggi apre la notizia: "ecco come i ragazzi americani in Afghanistan trascorrono il loro tempo"; verebbe da inserire: "tra una fucilata e l'altra" ma, ovviamente, non è permesso.
 Tutti sappiamo che la guerra è una faccenda seria; sia che sia fatta passare come una missione di pace o, come in Afghanistan, per "scovare" quel birbantello di Bin Laden che, guarda caso, conosce molto bene le regole del nascondino, tanto che, la prima potenza mondiale, sta impiegando dieci anni per riacciuffarlo; dopo di che: il nemico numero uno alla lotta contro il terrorismo farà la fine che merita. Questo, credo, sia in sintesi ciò che ci viene raccontato per legittimare questa guerra.
 Tornando ai nostri marines, ai loro balli sfrenati a ritmo di pop music, mi chiedo con semplicità, ma non senza polemica: si divertono davvero a mostrare al popolo che naviga in rete la loro performance? La risposta è scontata. Per questo, cambio la domanda: i migliaia di visitatori, cosa pensano quando guardano questo video? Soprattutto se fra questi c'è (cosa probabile) un qualche contribuente americano, magari un pò stizzito dato che non può far altro che guardare il lato economico della questione.  
 Non amo il pop (tanto meno Britney Spears), lo ammetto; questo potrebbe invogliare qualcuno a dirmi che non sono obbiettiva nel giudicare questo video; ma, penso, che questo sia solo un dettaglio, trascurabile.
 Qualcuno, guardando il video, sarà sopraffatto da un senso materno (o paterno) che gli farà pensare che tutto sommato questi ragazzi sono così giovani, e che hanno anche loro il diritto di divertirsi, di ballare, di scherzare; è proprio questo il punto centrale che mi ha portato a inorridire davanti allo schermo del computer: cosa ci fanno in Afghanistan questi ragazzi che, essendo così giovani, farebbero meglio ad andare in discoteca, o in un pub, a bere in compagnia degli amici?  Forse qualcuno dovrebbe spiegarglielo.


 Nonostante tutto: questo è il link del video:
http://www.youtube.com/watch?v=wQ1qa5Ep3rw
  
  

"Diari della motocicletta": quel che è rimasto..

Il 16 aprile una parata militare ha commemorato il cinquantesimo anniversario degli avvenimenti di Playa Giròn, aprendo il VI congresso del Partito comunista cubano. Guardando le immagini alla televisione: non ho potuto trattenermi dal considerare quanto poco è rimasto di ciò che credevo qualche anno fa quando, per la prima volta, vidi il film: Diari della motocicletta; che fine ha fatto il Che, nella Cuba di oggi? Yoani Sànchez mi risponderebbe che è scomparso; o che, forse, non è mai esistito nei cinquant'anni di governo di Fidel Castro e del fratello Raoùl. La Sànchez è' nata nella Cuba degli anni '70; dopo essersi laureata all'università dell'Havana, decide di trasferirsi in Svizzera. Tornerà a Cuba con lo scopo di fare opposizione al regime castrista partendo da internet; è così che nasce il suo blog: "Generaciòn y".
 Libertà e possibilità di esprimersi: sono, a mio avviso, diritti umani inalienabili; perchè dunque, nell'isola che ha fatto la rivoluzione, qualcuno sostiene che vengano meno? Il blog della Sànchez è scritto a Cuba, ma l'accesso è bloccato agli abitanti dalla censura ufficiale (questo sostiene la blogger); le possibilità che i cubani hanno di accedere a internet in modo indipendente sono scarse: solo i dipendenti pubblici, accademici e ricercatori possono avere connessioni (2% della popolazione) attraverso firewalls che, comunque, limita l'accesso ai siti stranieri. I cittadini comuni possono aprire indirizzi email presso molti uffici postali, ma molti sostengono che non hanno accesso alla rete in maniera indipendente. Questo, a mio avviso, è un problema serio che internet si appresta ad affrontare. Ho voluto fare delle ricerche per verificare se, realmente, il governo cubano vuole, intenzionalmente, bloccare gli accessi ad internet: Cuba è davvero nella lista nera dei paesi considerati nemici della rete? Alcuni sostengono che il governo cubano ha dovuto, finora, limitare l'accesso a internet ai privati a causa del blocco Usa che impedisce all'isola di collegarsi ai cavi sottomarini ad alta velocità che uniscono la Florida con il Messico; così che Cuba deve dipendere dalle connessioni via satellite: più lente, costose, e precarie. Secondo questa tesi sono gli Stati Uniti che bloccano l'accesso alla banda di internet con lo scopo di accusare il governo cubano di limitare la rete, imponendo forti restrizioni per gli abitanti. Per via di questo blocco, Cuba non può collegarsi ai canali internazionali di fibbra ottica che passano vicino alle sue coste, ed è obbligata a farlo via satellite. Cuba ha accesso a internet solo dal 1996; ad oggi: non ha ancora accesso ai cavi di fibbre ottiche: secondo quanto riportato dal Ministero dell'Informatica e delle Comunicazioni di Cuba (MIC). Per questi motivi, i costi di accesso alla rete, rimangono molto elevati.
 Secondo altri (compresa la Sànchez) la limitazione di internet è voluta dallo stesso governo; sentendosi accusato di limitare la libertà d'opinione, cerca di giustificare la faccenda attraverso la tesi di un "complotto":
 "Ci sono giovani cubani incaricati [dalla Cia] di minare il sistema": così ha risposto Fidel a chi gli chiese come mai molti giovani cubani entrano nella blogosfera, destreggiandosi nella rete come veri hacker per sviare quella che loro definiscono censura. Alcuni giornalisti considerano questi blogger (in special modo la Sànchez, dopo il suo successo internazionale): finti dissidenti finanziati dagli Americani in chiave anticastrista; mi chiedo, prendendo per buona questa tesi: è giusto che un governo limiti la libertà di opinione, qualsiasi essa sia? Data la retorica di questa domanda, lascio la risposta a chi crede che si possa censurare internet.
 Coloro i quali sostengono la volontarietà da parte del partito comunista di censurare la rete affermano che, inizialmente, il governo credeva che la blogosfera non avrebbe rappresentato un problema; pensavano che i costi per l'accesso alla rete sarebbero stati proibitivi: 5 dollari per ogni mezz'ora e 10 per un'ora (il salario medio cubano è di 20 dollari); ma così non è stato, sono sempre di più le persone che vogliono, utilizzando i loro blog, raccontare quel che pensano del proprio paese. Io, qualsiasi idea mi sia fatta della Cuba di oggi, ho voglia di ascoltarli.
 Non condividere l'idea dominante è un diritto di ogni uomo: questo è il concetto che ogni governo dovrebbe legittimare al proprio popolo, perchè possa definirsi giusto.